La Moretta, dal successo all’estinzione

Con l’aumento degli scambi commerciali internazionali Vignola entra in concorrenza diretta con altri luoghi produttivi in Italia e nel mondo e da queste zone arrivano nuove varietà di ciliegie che permettono sistemi di allevamento sempre più fitti e più bassi.

Le piante monumentali della Moretta necessitano invece di scale di 12 o 15 metri per essere raccolte e non reggono la concorrenza. Le qualità organolettiche della Moretta sono indiscutibili e gli anziani ricordano che da questi alberi monumentali di ciliegie si arrivava a raccogliere sei, sette quintali di Moretta e quindi anche una resa ottima; tuttavia la mancanza di raccoglitori capaci e coraggiosi, le nuove leggi sulla sicurezza e l’abbandono dei campi da parte dei giovani spinge i contadini a prendere una decisione definitiva, abbatterle per sostituirle con altre varietà nuove, più facili da coltivare, con calibri più sostenuti e diversi momenti di maturazione, più precoci o più tardive.

La raccolta delle Morette negli anni 50

Moretta, simbolo di biodiversità

I quantitativi di Moretta diventano presto commercialmente irrilevanti per il mercato ortofrutticolo e vengono pagati con prezzi bassissimi ai produttori. Dai 60.000 quintali all’anno degli anni 60 la produzione crolla ad inizio secolo e raggiunge le poche centinaia di kg.

Insieme agli alberi di Moretta e alle altre varietà tradizionali vignolesi come il durone nero, il durone nero II, il durone dell’anella, l’anellone e il durone della marca, sparisce un modello produttivo ad alto tasso di biodiversità. Le piante di Moretta infatti si sono sempre integrate con altre colture con una struttura a strati in cui ciliegi molto alti piantati a dieci metri l’uno dall’altro sostenevano la vite “Spaltareina” sotto la quale crescevano ortaggi, cipolle, cavoli, legumi, frumento, frumentone.